"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

giovedì 16 dicembre 2010

Il passato davanti a noi di Bruno Arpaia

Ci incontriamo

MARTEDI' 18 gennaio 2011
 alle ore 20,30

nella sede della biblioteca

per confrontarci sulla lettura del libro 

Il passato davanti a noi di Bruno Arpaia

martedì 30 novembre 2010

La banda di brocchi di Jonathan Coe

Trama: Trotter, Harding, Anderton e Chase: sembra il nome di un prestigioso studio legale; in realtà si tratta di un quartetto di giovani amici, che frequenta un liceo elitario di Birmingham, quel tipo di scuola che preleva giovani intelligenti dal loro background ordinario e li fa atterrare in una classe sociale diversa da quella dei loro genitori. I ragazzi sono destinati a carriere importanti, mentre i genitori rimangono impantanati nel loro mondo di matrimoni sciovinisti, scontri sindacali, guerre di classe e di razza e ignoranza culturale. Siamo negli anni Settanta, anni in cui si susseguono sconvolgimenti sociali, lotte politiche, attentati dell'Ira. Su questo mare in tempesta cercano di destreggiarsi, con alterne fortune, i quattro ragazzi.
  
Recensione di Michele su Anobii:
 http://www.anobii.com/01db33a328ee3bbd85/comments?public=0

Leggetelo e saprete finalmente che cosa sono l’estratto di carne Bovril e il cioccolato Dairy Milk. Leggetelo e misurerete una volta per tutte la distanza fra il rock progressivo degli Yes e il punk dei primi Clash. Leggetelo e vi sarà davvero chiara la differenza che a Birmingham passava fra il King William, la scuola migliore della città, e il quartiere-ghetto di Handsworth, dove vivevano (e forse vivono ancora) gli immigrati giamaicani.
Insomma, se lo leggerete, sulle labbra, nelle orecchie, davanti agli occhi e nella testa in poco tempo vi resteranno i sapori, le musiche, le immagini e le idee di un paese che ormai non esiste più se non nel ricordo, di un paese dove governava con pugno di ferro la signora Thatcher, dove Enoch Powell annunciava l'avvento dei "fiumi di sangue", e dove esplodevano le bombe degli indipendentisti irlandesi: in breve, dell’Inghilterra degli anni Settanta.
Tante volte ci sono passati per le mani i cosiddetti “romanzi di formazione”. Tante volte ci siamo immersi nelle storie di ragazzi e di ragazze colti nel problematico tragitto dalla condizione di bambini a quella di giovani. Anche "La banda dei brocchi" di Jonathan Coe rende omaggio a questo modello, e ci narra la storia della maturazione di quattro adolescenti di Birmingham, il protagonista Benjamin Trotter e i suoi compagni Harding, Anderton e Chase, in una rappresentazione corale ove si dipanano anche le vicende parallele dei loro familiari e dei loro amici, lungo un percorso ininterrotto di felicità e di tragedie, di miserie e di amori.
Eppure c’è qualcosa di diverso in questo libro, qualcosa che lo rende più fresco, più leggero e insieme più pregnante rispetto a tanti altri esempi ultimamente pubblicati. Qualcosa che ce lo fa considerare una inaspettata, preziosa sorpresa, e un po’ ci fa rimpiangere il tempo trascorso, inconsapevolmente persi in altre letture, senza averlo potuto conoscere prima. Se, raffreddando l’entusiasmo, tentiamo poi di dare una forma più razionale a ciò che tanto ci è piaciuto dell’arte di Coe, due sono le qualità che in questo romanzo ci balzano agli occhi, due aspetti che, a ben giudicare, sono uniti saldamente, quasi fossero parti indistinguibili nate dall’esercizio di un medesimo talento.
La prima caratteristica non costituisce, a dire il vero, una novità, dal momento che accade spesso di incontrarla in molti testi moderni, libri o film che siano. Si tratta della tipica struttura a incastri giustapposti, ove la materia appare all’inizio franta e dispersa, e viene declinata in molteplici scansioni di generi e di stili, per poi chiarirsi nel finale della storia. Appare evidente che anche "La banda dei brocchi" non si offre alla lettura come un "unicum", ma anzi risulta composto di parti distinte e giocato su approcci linguistici e tematici differenti. Così, accanto alle classiche descrizioni di ambienti e di personaggi si trovano frammenti di diario e stralci di dattiloscritti; ai dialoghi e alle riflessioni d’autore si alternano testi di canzoni alla moda e articoli di giornale; alla narrazione in terza persona, che è la voce predominante della vicenda, si affiancano qua e là “storie nelle storie” in prima persona singolare, come lo splendido racconto che apre la seconda parte del libro e il sorprendente monologo interiore del capitolo finale. Dobbiamo comunque ammettere, dopo la lettura di questo romanzo, che da tempo non gustavamo un’abilità di costruzione tanto funzionale al racconto, e nel contempo così fluida e apparentemente priva di artificio.
Tutto, a differenza di altri testi, ha un senso ne "La banda dei brocchi". Tutto sembra collocarsi con facilità nel posto giusto al momento giusto. È difficile infatti notare una vera e propria stonatura nel romanzo di Coe: potremmo forse segnalare qualche eccesso nella tragicità di alcuni accadimenti, tanto dolorosi da apparire stereotipati, o qualche sporadica ingenuità nella rappresentazione dei sentimenti di alcuni personaggi. Ma si tratta, a nostro giudizio, di peccati veniali, facilmente perdonabili se paragonati all’impressione di credibilità dell’opera, e alla sua capacità di rendere mimeticamente la complessità del reale. Questa intrinseca naturalezza è da attribuire alla seconda caratteristica vincente dell'autore: alla sua scrittura o, per dir meglio, alla pieghevolezza e alla duttilità del suo stile. Sorreggendosi sulla struttura di cui si è già parlato, la sua prosa - coadiuvata, per quello che possiamo intendere, da un’eccellente traduzione - riesce infatti scintillante e a tratti spassosa senza essere dozzinale, precisa nella rievocazione senza essere calligrafica, nostalgica e a volte struggente senza scadere nella melensaggine, netta nei giudizi senza indulgere al moralismo. Da questa capacità di orchestrare, anche con qualche ricercata dissonanza, le molte voci della vicenda derivano, a nostro giudizio, la leggibilità e il fascino insieme sorridente e pensoso del libro.
Proprio all’inizio de "La banda dei brocchi", uno dei personaggi afferma che la storia che si appresta a raccontare (che è poi la storia narrata nel libro stesso) “non ha una vera fine, [anzi] si interrompe e basta”. Sembra quasi una dichiarazione programmatica, in cui l’autore affermi, per interposta persona, la mancanza di senso di ogni umana vicenda, al di là dello scorrere indifferente e meccanico della vita.
Eppure, se ci si chiedesse, come si faceva un tempo, di ravvisare in questo romanzo la morale suggerita dall'autore, noi la indicheremmo nei valori della tolleranza e, se non proprio del perdono, del bisogno di comprensione fra gli esseri umani. È questa, come spesso accade nella letteratura moderna, un’affermazione tutt’altro che netta, anzi un po’ dubbiosa, quasi che Coe la negasse proprio nel momento in cui la fa intravvedere ai lettori.
Tuttavia se ne scorgono qua e là i segni, disseminati soprattutto nella seconda parte del libro, proprio quando Benjamin inizia a riappacificarsi con se stesso e con il mondo: è questo, secondo noi, il senso della storia del suo incontro-scontro, insieme all’amico tedesco, con i fratelli ebrei conosciuti durante la vacanza in Danimarca; è questo il senso del suo rapporto in chiaroscuro con il patriota gallese, zio di Cicely, che gli consente, forse, di rendersi conto delle durezze della dominazione inglese e, retrospettivamente, di farsi una ragione dell’attentato subito dalla sorella Lois da parte dell’IRA; è questo il senso dell’amore sbocciato fra gli stessi Benjamin e Cicely che, a nostro modo di vedere, non simboleggia solo un’esplosione di sensualità, ma segna anche il sorgere di un nuovo equilibrio dopo una lunga vicenda di incomprensioni e di dubbi che non aveva mai permesso loro di incontrarsi veramente.














































domenica 24 ottobre 2010

E la chiamano estate...2010

Ci siamo incontrati
Martedì 26 ottobre alle ore 20,30
nella sede della biblioteca comunale
con il seguente programma:
1. resoconto giornata di incontro "La nave dei fogli" dei gruppi di lettura bresciani,
2. nostra partecipazione al concorso della Microeditoria di Chiari,
3. le nostre letture dell'estate,
4. programmazione attività per il prossimo anno.
 

giovedì 30 settembre 2010

La nave dei fogli : Lettori In Barca Remano Insieme

Giornata di incontro

dei gruppi di lettura bresciani

Domenica 10 Ottobre 2010
Monastero di San Pietro in Lamosa
Provaglio d'Iseo

martedì 15 giugno 2010

Il giovane Holden di J. D. Salinger

Ci siamo incontrati
Martedi' 6 luglio 2010
alle ore 20,30
nella sede della biblioteca,
in via Onzato, 54
per confrontarci sulla lettura del libro
Il giovane Holden di Salinger
E' stato gradito ospite il gruppo di lettura di Ospitaletto.

martedì 8 giugno 2010

Tortuga di Valerio Evangelisti


Ci siamo incontrati
martedì 8 giugno 2010  
alle ore 20, 30

nella sede della biblioteca di Ospitaletto
e abbiamo condiviso con il  
Gruppo della biblioteca ospitante
le impressioni sul libro: Tortuga di Valerio Evangelisti

Trama (Da IBS): Nel 1685, i giorni dei pirati raggruppati nella confraternita detta dei Fratelli della Costa, obbedienti al re di Francia, sono contati. Luigi XIV ha fatto la pace con la Spagna e le scorribande dei filibustieri dei Caraibi, che hanno per base l'isola della Tortuga (La Tortue), sono diventate scomode. Un nuovo governatore ha preso possesso dell'isola e intende normalizzarla. È in questa situazione che un nostromo portoghese, Rogério de Campos, ex gesuita dal passato torbido, è catturato dal comandante pirata Lorencillo e arruolato a forza. Si trova a vivere tra gente sconcertante, dalla vita libera e indisciplinata e dalle imprevedibili esplosioni di crudeltà. Lentamente, Rogério è conquistato dalle regole a volte fraterne, a volte feroci, di quella comunità singolare. La sua è una progressiva discesa all'inferno - un inferno, però, fondato sullo scatenamento degli istinti, e a suo modo "democratico". La stessa Tortuga, covo della Filibusta fedele in teoria alla Francia, ha le apparenze di una repubblica, eppure si fonda sul più rigido schiavismo. Rogério, passato al servizio del tetro cavaliere De Grammont, partecipa all'ultima grande avventura dei pirati della Tortuga: la presa, sanguinosissima, della città di Campeche, sulle coste messicane. Unica luce, in quella conquista infernale, l'amore del portoghese per una schiava africana da cui lo stesso De Grammont è attratto. Sarà l'episodio che volgerà il viaggio di ritorno in tragedia.

Citazioni 
«Crederò all'anima quando l'avrò sulla punta del mio bisturi. Siamo esseri senzienti, sì, ma solo perché fisiologicamente più complessi degli animali. In realtà ci comportiamo come loro, senza riconoscerlo.» (De Lussan a Exquemeling)
«Ritengo giusto che un uomo ne possieda un altro, se è più forte di lui. Che lo torturi e lo squarci come un sacco vuoto, purché ciò rientri nella sua convenienza. Ma, per favore, non si invochi qualche norma morale nel fare ciò. Mi piacciono i Fratelli della Costa proprio perché rubano, uccidono, torturano e violentano senza giustificazioni etiche. Gli spagnoli mi sono odiosi perché fanno lo stesso, però ogni volta dicono che Dio benedice le loro azioni.» (De Lussan a Exquemeling)

Il confronto:
Mi ha colpito il personaggio di Rogeiro: all'inizio sembrava essere una figura positiva poi si è manifestato debole e senza carattere. E' un falso perbenista. La schiava è sicuramente il personaggio più forte e li ha fregati tutti.

Emerge qui la caratteristica di Evangelisti riscontrata anche negli altri suoi romanzi: i personaggi principali sono sempre figure negative, i personaggi minori sono positivi. Non è auspicabile che il lettore si identifichi troppo con il protagonista.

Pur non essendo il mio genere, non l'avrei mai scelto nè letto, se non mi fosse stato proposto dal gruppo di lettura, il libro superato l'impatto con la crudeltà, presente sin dalle prime pagine, mi ha coinvolto molto.

A me le pagine in cui l'autore descrive le crudeltà dei pirati mi hanno carpito e affascinato.

I pirati da un punto di vista etico e morale non erano certo migliori della chiesa, dei francesi e degli spagnoli. I governi si sono serviti della filibusta per raggiungere i propri scopi e, a seconda di questi, hanno lasciato che agisse indisturbata o l' hanno combattuta.

Verso la fine ci si aspettava forse un riscatto o una visione ottimistica ma non è stato così. Anche nel finale permane il tono greve e drammatico che ha accompagnato l'intera narrazione. Due sono le prospettive delineate: "Homo homini lupus" e il mito del buon selvaggio.

Più che nella storia mi sono immedesimata nel gesuita Rogerio, perchè mi sono trovata nella vita in situazioni difficili in cui sono dovuta scendere a compromessi con me stessa, ho fatto cose che non avrei mai pensato di fare. Così anche Rogerio, che non ha avuto scelta, si è ritrovato a fare il pirata ed è diventato la persona che non era.

Questo libro mi ha risvegliato la passione per i pirati. A me piace il genere splatter, ma non mi piacciono gli scrittori italiani, compreso il modo di scrivere di Evangelisti. Mi hanno però molto interessato le tematiche.

Ho trovato la figura della schiava Reina eccessivamente moderna. Mi piace che i personaggi siano coerenti, lei non lo era. Il suo essere così illuminata, così forte, nonostante la mia simpatia per questo tipo di donna, l'ho trovata una forzatura.

Io amo l'avventura e la fantasy. Tortuga non l'ho trovato abbastanza avventuroso.
Ho trovato più filosofico "Le braci" : Marai analizza di più l'animo umano.
Il personaggio che ho preferito è lo schiavo Bamba, perchè è vivo e reale, più vivo di Reina che è collocata, per la sua bellezza, al di sopra di tutti.

Il capitano De Grammont è il più brutale, ma rispetta la dignità umana.

Leggendolo ho avuto l'impressione del già scritto, mi ha richiamato Salgari e Stevenson.
E' più interessante di quello che può essere un libro di avventure ma e' un pò troppo piatto e non mi è piaciuto molto.
Evangelisti è uno storico e tenta di arrivare a tutti.

Concordo con chi ha detto che il finale è inverosimile. La schiava Reina è il simbolo della speranza.

Mi piacciono le letture sui pirati. Mi ha richiamato alcuni romanzi della Isabel Allende, che ho trovato molto avventurosi. Il finale mi ha stupito: mi aspettavo che l'amore vincesse, come sempre, invece ha vinto la giustizia.
Ho provato un pò di compassione per la fine di Rogerio.
Il capitano De Grammont ha rispettato la schiava solo perchè non era in condizioni fisiche per fare diversamente.
Parteggio per i pirati perchè non sono ipocriti.

All'inizio le crudeltà mi hanno disturbato, anche di più di quelle contenute nei libri di Steven King, forse perchè ho pensato che potevano essere accadute per davvero.
Rogerio lo considero comunque una persona mediocre, come è stato definito alla fine da chi gli ha dato la libertà.
I due medici hanno fatto un percorso per lui.
E' un esempio di cololonialismo. La visione storica è precisa: si vede che si l'autore si è documentato.
La schiava non è un personaggio incoerente, è il punto di vista del narratore, che prima ci ha appassionato alla lettura e poi ci ha svelato la trama e il personaggio.
Lo scrittore mi è piaciuto perchè è consapevole di quello che fa.

Mi è piaciuta la descrizione del governatore e del re di Francia, viene considerato e dipinto come un subdolo.

Rogerio è un mediocre, e per questo motivo, molto umano. Non riesco a giudicarlo perchè tutti noi cambiamo e non sappiamo come.

Il capitano De Grammont è il male puro ma molto idealista. Sa che Rogerio lo tradirà.

Essere uomini è un'altra cosa dall'essere come Rogerio: il capitano è un uomo. E la schiava lo capisce.

Tutti si innamorano della schiava, assumendo posizioni tra il mercanteggio e l'adorazione.

All'inizio, abituato alle letture di Salgari e dei suoi pirati, l'impatto è stato un pò forte. E' comunque avvincente. Non trovo ci siano dei passaggi bellissimi, in alcuni punti è addirittura ripetitivo. Ho l'impressione che lo scrittore abbia fatto una ricerca storica approfondita ma poi abbia scritto il romanzo di getto.

Non mi ha coinvolta. Sono arrivata alla fine perchè me lo sono imposta. Non ho trovato nessun momento di alta letteratura. Lo scrittore è capace di amalgamare i personaggi, ma ci sono davvero molte ripetizioni. La schiva è ossessionante. La narrazione molto pulp, oltre il mio limite.

A me è piaciuto molto perchè, a parte il fatto che Evangelisti è uno storico e i fatti che narra sono tutti verificabili, mi piace lo stile, che ho torvato appassionante e coinvolgente. I pirati sono stati dei sanguinari: la verità storica è questa. Ci sono dei personaggi, come per esempio i due medici, descritti in punta di fioretto. Stilisicamente è scorrevole. Non ricordo ripetizioni, forse perchè presa dalla lettura.

Inizialmente mi ha ricordato le letture di Salgari, poi invece no. Se lo rapportiamo ai nostri giorni i pirati odierni sono la borsa e la finanza.

Non mi è piaciuto e i pirati mi interessano poco. Ripensandoci forse non ho colto la positività del romanzo, che è scritto abbastanza bene. La storia non mi ha coinvolto. I personaggi non li ho trovati così approfonditi da trarne insegnamenti particolari. Rogerio pur di sopravvivere si vende a tutto e a tutti, di positivo ci rimane ben poco. Il capitano è cattivo ma fascinoso, con un certo rispetto per l'umanità: prende la schiava per proteggerla. La schiava è l'espediente per tenere un pò in suspance il lettore, è anche un simbolo.

I pirati sono più attuali oggi di quanto non lo fossero nel seicento. Facendo dei raffronti potremmo paragonare, De Grammont ad Agnelli, Rogerio a Poggiolini, e i poveri mozzi alle vittime comuni. Il capitano De Grammont può essere definito un uomo cattivo, ma con una forte personalità.

Rogerio è umano, ma nel senso più pietoso e peggiorativo del termine.


sabato 24 aprile 2010

Venere privata di Giorgio Scerbanenco



Ci siamo incontrati
Martedì 11 maggio 2010
alle ore 20,30
nella sede della biblioteca comunale
per confrontarci sulla lettura del libro:
Venere Privata
di Giorgio Scerbanenco

martedì 13 aprile 2010

Memorie di una principessa etiope di Martha Nasibu'



Ci siamo incontrati
Martedì 13 aprile 2010
alle ore 20,30
nella sede della biblioteca comunale
per confrontarci sulla lettura del libro:

Memorie di una principessa etiope
di Martha Nasibu'
Edizioni Neri Pozza

martedì 9 marzo 2010

Vergogna di J. M. Coetzee



Ci siamo incontrati
Martedi' 9 marzo 2010

alle ore 20.30

nella sede della biblioteca
per chiacchierare amabilmente sul libro:
Vergona di J. M Coetzee.

martedì 16 febbraio 2010

Dopo De Silva

Ci siamo incontrati Martedì 16 febbraio 2009 alle ore 20,30
nella sede della biblioteca
per confrontarci sui libri letti e sull'incontro con
l'autore Diego De Silva.

sabato 30 gennaio 2010

Incontro con Diego De Silva

Sabato 30 gennaio
ore 21
Castel Mella
Auditorium “G.Gaber”,
Via Onzato 54,

Incontro con l’autore
Diego De Silva
Dialogherà con Alex Rusconi
di Radio Vera

Diego De Silva ha pubblicato con Einaudi La donna di scorta, Certi bambini (2001, premio selezione Campiello, finalista premio Viareggio,), Voglio guardare (2002), Da un’altra carne (2004) e Non avevo capito niente (2007, finalista premio Strega 2008).
Autore di grande perizia, De Silva è stato fino al 2007 classificato nella ricca categoria degli scrittori italiani di gialli o noir ma in Non avevo capito niente ha dimostrato quanto stretta e schematica fosse questa classificazione per un autore versatile e brillante come lui: un’autentica ventata di aria fresca e di innovazione nel panorama letterario italiano.
ingresso libero
per informazioni:
Centro operativo www.sistemasudovestbresciano.it
info@sistemasudovestbresciano.it - tel. 030 7008339
Biblioteca di Castel Mella tel. 030 2610870