"Ci sono libri che si posseggono da vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sè di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene il momento in cui d'improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri di un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione."

Elias Canetti

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire»

(I. Calvino, Perché leggere i classici, def. 6)


Il critico Lytton Strachey (a destra) prende il tè con Rosamond Lehmann e suo fratello, John Lehman del circolo Bloomsbury : i componenti del celebre circolo letterario inglese che ha contribuito a definire la cultura britannica nel periodo tra le due guerre

martedì 30 gennaio 2018

Il ponte sulla Drina di Ivo Andric

Trama: Alla confluenza di due mondi quello cristiano e quello musulmano sorge Visegrad, in Bosnia, da sempre città di incontro fra diverse razze, religioni e culture. Ed è qui che nel Cinquecento il visir Mehmed-pascià fece erigere un ponte, diventato un simbolo dell'oppressione perché costruito grazie alla fatica e ai sacrifici di molti cristiani, ma anche una testimonianza della fusione di due diversi mondi. Il ponte è il centro del romanzo di Andric: un grande affresco che va dal Cinquecento alla Prima guerra mondiale e che ha per sfondo una Bosnia romantica, con le sue complesse vicende storiche ma anche con i drammi quotidiani degli uomini che vi abitano. Andric si conferma interprete e commosso cantore di questa terra tormentata.  
 

« Di tutto ciò che l’uomo, spinto dal suo istinto vitale, costruisce ed erige, nulla è più bello e prezioso per me dei ponti. I ponti sono più importanti delle case, più sacri perché più utili dei templi. Appartengono a tutti e sono uguali per tutti, sempre costruiti sensatamente nel punto in cui si incrocia la maggior parte delle necessità umane, più duraturi di tutte le costruzioni (…). Diventano tutti uno solo e tutti degni della nostra attenzione, perché indicano il posto dove l’uomo ha incontrato l’ostacolo e non si è arrestato, lo ha superato e scavalcato come meglio ha potuto, secondo le sue concezioni, il suo gusto e le condizioni circostanti (…)» ,  Ivo Andrić


Il confronto
Maddalena: non è certo un libro facile anche perchè ogni personaggio, pur avendo una storia individuale molto ben raccontata, è sviluppato in modo complesso. Mi sono rimasti impressi il visir Sokollu Mehmed Pasha e il suo consigliere Abidaga. Il visir, figura positiva, che ha avuto l'idea di costruire un ponte per unire le due sponde del fiume. Abidaga, invece personaggio negativo, brutale supervisore alla costruzione del ponte che, con profonda crudeltà,  ha esortato il boia a tenere in vita il più possibile, tra atroci sofferenze, un uomo impalato . E' un libro impegnativo, con molti contenuti, molto profondo.



L.: il ponte rappresenta l’unione tra Oriente e Occidente e  tra le varie etnie,  ed è testimone dei vari passaggi epocali. Le porte sono zone d'incontro, dove si fanno affari e si prendono decisioni. In alcuni periodi storici, per esempio quando scoppia la rivolta serba, il loro accesso viene interdetto. In Visegrad esiste la solidarietà: le tre religioni, islam, cattolica ortodossa ed ebrea, che convivono e si aiutano nelle difficoltà. Tra i primi episodi narrati vi è il rapimento dei ragazzi bosniaci, sottratti alle famiglie dagli ottomani per essere convertiti all'islam ed essere utilizzati come giannizzeri. Tra questi spicca la figura di un bambino di dieci anni che subisce la dura sorte del rapimento ma. nonostante ciò, diventerà il visir Sokollu Mehmed Pasha e verrà ricordato per aver fatto costruire il ponte.

Lotika è un personaggio importante, conduce una locanda ed  è capace di curare i suoi clienti. Brava negli affari, rimasta vedova, legge al marito, sulla sua tomba, le quotazioni in borsa. Instancabile lavoratrice, con il guadagno mantiene i suoi parenti ebrei in galizia Nessuno di loro farà la carriera da lei sperata. Un nipote si darà perfino alla politica facendola mormorare: “Non è abbastanza che siamo ebrei ora siamo anche socialisti!.”

Andric è bravo a raccontare la storia dei Balcani e descrive molto bene i personaggi e la loro evoluzione.

M.T.: mi ha colpito il periodo più recente in cui il Paese non si sottrae ai cambiamenti in corso e gli studenti si incontrano sul ponte per discutere di processi in atto. Nel passato più lontano ho trovato significativo, dal punto di vista della convivenza, l’incontro delle quattro autorità del paese (il sindaco, il pope, il rabbino e l'imam) che si riuniscono per discutere della venuta degli austriaci.

F.: lo scrittore ha avuto un'idea geniale: è riuscito a raccontare 400 anni di storia tenendo come riferimento il ponte.

M. F.  la solidarietà fra le religioni non viene mai meno soprattutto nei momenti di difficoltà.

Patrizia: un libro scritto in maniera meravigliosa. Con grande ricchezza di vocaboli racconta la Storia e poi le storie della gente. Mi ha ricordato il romanzo “I fuochi del Basento”, per l’ambientazione popolare ed alcune vicende, e “Siddartha”, per la presenza del fiume come metafora della vita che scorre.
Ho pensato all'impatto che l’istruzione può avere su una comunità ristretta: quando il popolo acquisisce la conoscenza inizia ad occuparsi di politica e nascono sentimenti nazionalisti.

C.: ho sentito in questi giorni alla televisione un’intervista alla docente di  filosofia Laura Boella che ha da poco pubblicato un libro sul concetto di empatia. Ho ricondotto il suo pensiero a questo romanzo, nel quale l’empatia, intesa come il sentire all’unisono, è molto presente. In una comunità multietnica come Visegrad persone di differente cultura e religione avvertivano le  medesime necessità e di fronte alle difficoltà comuni erano in grado di  prendere decisioni che diventavano risolutive. L’empatia è invece quello che manca talvolta alla politica, che non ha la capacità di sentire i bisogni della gente in quanto propri bisogni e quindi di farsene carico.
Nella tragedia di questo popolo ci sono dei momenti in cui è comunque il bene a prevalere. L'umorismo è la chiave per affrontare le difficoltà. Il modus vivendi della comunità di Visegrad, basato sull’immobilismo, la lentezza, la ripetitività è una garanzia per la soluzione dei problemi, piccoli e grandi. Il quotidiano è l’unico tempo esistente, il passato è lontano e non vi è  anticipazione del futuro. Infatti le avvisaglie sull'arrivo degli austriaci o degli ottomani non sono state prese in considerazione e  la vita ha continuato come sempre, fino a quando l’invasione non si è presentata.

G.: mi è piaciuto il clima che si respira. Visegrad è una cittadina abitata da persone semplici, pacifiche, chiuse nel loro microcosmo. Il male arriva, ma sempre da fuori, anche se c'erano dei rancori all’interno. Mi ha ricordato il libro “Cent'anni di solitudine”.

M.R.: tutto il libro è la storia del ponte di Visegrad: questa comunità cresce con il ponte, tutto viene da fuori, gli ottomani, i serbi e poi gli austriaci e non cambia niente fino alla modernità. Quando le autorità vanno a parlare con il generale austriaco questi si comporta da arrogante,  passando dalla porta con l’esercito senza considerare in alcun modo i rappresentanti del popolo, sopraggiunti ad accoglierlo.
Quando è arrivata la grande alluvione non hanno drammatizzato, erano angosciati ma cercavano di contenere le loro paure.

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